mercoledì 19 luglio 2023

Umberto Eco e la sua passione per il caffè

Umberto Eco e la sua passione per il caffè

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autore: Redazione

Umberto Eco è stato uno dei più grandi intellettuali italiani, noto per i suoi romanzi, saggi, studi e articoli.

Tra le sue molte passioni, c’era anche quella per il caffè: non solo una bevanda fonte di energia e di piacere, ma anche un simbolo di cultura e di comunicazione.

Seduti al bancone di un caffè letterario con Umberto Eco

Difficile circoscrivere la multiforme e originale intelligenza di Umberto Eco. Filosofo, scrittore, semiologo, musicologo, giornalista, critico letterario, umorista, sono tutte etichette appropriate ma non esaustive per sintetizzare la sua variegata opera intellettuale. E il bello è che lui, in qualunque di questi ambiti si cimenti, è sempre in grado di rappresentare tutte queste figure insieme.
È proprio questa abilità di navigare tra i più svariati domini della conoscenza, di offrire al lettore connessioni inaspettate, a rendere Eco una personalità straordinaria e un pilastro nello scenario culturale italiano. Se poi si considera la preziosa abilità di arricchire i suoi discorsi con una fresca dose di humour, risulta semplice capire come mai è sempre gradevole leggere i suoi scritti, anche quando affrontano temi complessi.

Non solo, ma se alcuni dei suoi argomenti trattati o alcuni dei suoi scritti lasciatici in eredità hanno come tema principale il nostro amato caffè, allora non si può che invitare Umberto Eco a far parte della nostra rubrica sul caffè e la letteratura.

Umberto Eco, quindi, entra nella nostra rubrica per fare compagnia a Eduardo De Filippo, altro autore fortemente appassionato di caffè. Allora a noi piace fantasticare e pensare che, in questo momento, i due autori siano seduti al tavolo di un caffè letterario, sorseggiando un buon caffè mentre condividono i loro personali pensieri e discutono di chissà che cosa.


Umberto Eco e il caffè: Il Cimitero di Praga

Umberto Eco, oltre che ad essere uno dei più grandi esponenti della cultura italiana, nella vita comune o nei suoi momenti privati fu anche un vero appassionato del caffè: come consumatore, intenditore e non solo. Umberto Eco era uno che i caffè li frequentava, rimanendo affascinato dall’atmosfera impregnata nelle pareti in legno e il bancone in marmo dei tipici caffè antichi.
Questo è possibile dedurlo da un suo romanzo, “Il Cimitero di Praga”, in cui attraverso alcuni passi descrive e trasmette alla perfezione, come solo lui è in grado di fare, le sensazioni e l’atmosfera che si possono vivere mentre si sorseggia il “nettare” al bancone di un tipico caffè storico. Non un caffè storico qualunque, ma l’antico caffè torinese Al Bicerin, chiamato così per la bevanda, il bicerin appunto, composta da cioccolata, caffè e crema di latte, servita in piccoli bicchieri senza manico.

Mi ero spinto sino a uno dei luoghi leggendari della Torino d’allora. Vestito da gesuita, e godendo con malizia dello stupore che suscitavo, mi recavo al Caffè Al Bicerin, vicino alla Consolata, a prendere quel bicchiere, odoroso di latte, cacao, caffè e altri aromi. Non sapevo ancora che del bicerin avrebbe scritto persino Alexandre Dumas, uno dei miei eroi, qualche anno dopo, ma nel corso di due o tre scorribande in quel luogo magico avevo appreso tutto su quel nettare… La beatitudine di quell’ambiente dalla cornice esterna in ferro, i pannelli pubblicitari ai lati, le colonnine e i capitelli in ghisa, le boiseries interne di legno decorate da specchi e i tavolini di marmo, il bancone dietro al quale spuntavano i vasi, dal profumo di mandorla, di quaranta tipi diversi di confetti… Mi piaceva pormi in osservazione in particolare la domenica, perché la bevanda era il nettare di chi, avendo digiunato per prepararsi alla comunione, cercava conforto uscendo dalla Consolata – e il bicerin era ricercato in tempo di digiuno quaresimale perché la cioccolata calda non era considerato cibo. Ipocriti. Ma, piaceri del caffè e del cioccolato a parte, ciò che mi dava soddisfazione era apparire un altro: il fatto che la gente non sapesse chi ero davvero mi dava un senso di superiorità. Possedevo un segreto.

Umberto Eco e il caffè: La cuccuma maledetta

Umberto Eco è amante, appassionato bevitore di caffè, ma anche un eccellente intenditore. È lui stesso a confessarcelo, attraverso uno splendido e divertente pezzo contenuto nella sua rubrica “La bustina di Minerva”.
“La bustina di Minerva” è stata una rubrica culturale e ironica curata in prima persona dallo stesso Umberto Eco per il settimanale L’Espresso, nata nel 1985 e terminata il 27 gennaio 2016 insieme alla vita del nostro amato letterato. Per godere di un favoloso estratto di cultura, mescolato con le passioni e i caratteri del caffè, riportiamo qui di seguito il numero 250 de “La bustina di Minerva”, scritto da Umberto Eco e pubblicato da L’Espresso il 3 Luglio 1988.

Ci sono diversi modi di fare un buon caffè: c’è il caffè alla napoletana, il caffè espresso, il caffè turco il cafesinho brasiliano, il caffè filtre francese, il caffè americano. Ogni caffè è nel proprio genere eccellente. Il caffè americano può essere un intruglio servito a cento gradi in bicchieri di plastica con effetto thermos, imposto di solito nelle stazioni a fini di genocidio, ma il caffè fatto con il "percolator", come lo si può trovare in certe case private o in modeste luncheonnettes, servito con le uova al bacon, è delizioso, fragrante, si beve come l’acqua, e poi vi vengono le palpitazioni, perché una tazza contiene più caffeina di quattro espressi.
A parte esiste il caffè sbobba. Esso è abitualmente composto di orzo andato a male, ossa di morto, e chicchi di vero caffè recuperati tra i rifiuti di un dispensario celtico. È riconoscibile per l’inconfondibile aroma di piedi marinati in risciacquatura di piatti. Esso viene servito nelle carceri, nei riformatori, nei vagoni letto e negli alberghi di lusso. In effetti, se voi scendete al Plaza Majestic, al Maria Jolanda & Brabante, al Des Alpes et Des Bains, potete anche comandare un caffè espresso, ma esso vi arriva in camera quando è praticamente ricoperto da uno strato di ghiaccio. Per evitare questo incidente chiedete un Continental Breakfast, e vi apprestate a godere dei piaceri di una colazione servita a letto.
Il Continental Breakfast si compone di due panini, un cornetto, un succo d’arancia in dosi omeopatiche, un ricciolo di burro, un vasetto di marmellata di mirtilli, uno di miele, uno di marmellata di albicocche, un bricco di latte ormai freddo, un conto di centomila lire e una cuccuma maledetta di caffè sbobba.
Le cuccume usate dalle persone normali - o le buone vecchie caffettiere da cui si versa direttamente la fragrante bevanda nella tazza - consentono la discesa del caffè attraverso un sottile ugello o beccuccio, mentre la parte superiore dispone di un qualsiasi dispositivo di sicurezza che la tiene chiusa.
La sbobba da Grand Hotel e da vagone letto arriva in una cuccuma dal becco molto svasato - come quello di un pellicano deforme - e da un coperchio estremamente mobile, studiato in modo che - attratto da un incontenibile horror vacul - scivoli automaticamente verso il basso quando la cuccuma venga inclinata. Questi due artefici permettono alla cuccuma maledetta di versare subito metà caffè sui croissants e sulla marmellata e quindi, grazie allo slittamento del coperchio, si sparge il resto sulle lenzuola. Nei vagoni letto le cuccume sono di qualità andante, perché il movimento stesso del vagone aiuta lo spargimento del caffè, mentre negli alberghi la cuccuma deve essere di porcellana, in modo che lo slittamento del coperchio sia morbido, continuo, ma fatale.
Sulle origini e motivazioni della cuccuma maledetta esistono due scuole di pensiero. La scuola di Friburgo sostiene che questo artificio consente all’hotel di dimostrare che le lenzuola che ritroverete alla sera sono state cambiate. La scuola di Bratislava sostiene che la motivazione è moralista (cfr. Max Weber, "L’etica protestante e lo spirito del capitalismo"): la cuccuma maledetta obbliga a non poltrire nel letto perché è scomodissimo mangiare una brioche, già imbevuta di caffè, avvolti da lenzuola impregnate di caffè.
Le cuccume maledette non si trovano in commercio. Sono prodotte esclusivamente per le catene di grandi alberghi e per i vagoni letto. Infatti nelle carceri la sbobba viene offerta in gavettini, perché le lenzuola completamente intrisi di caffè sono più facilmente mimetizzabili nell’oscurità, quando vengono annodate a fini di evasione.
La scuola di Friburgo suggerisce di chiedere al cameriere che la colazione venga posta sul tavolino e non sul letto. La scuola di Bratislava risponde che questo certamente evita che il caffè si sparga sulle lenzuola, ma non che debordi dal vassoio macchiando il pigiama (che l’albergo provvede a cambiare ogni giorno). In ogni caso, pigiama o non, il caffè preso a tavolino cade direttamente sul basso ventre e sul pube, provocando ustioni là dove sarebbe più consigliabile evitarle. A questa obiezione la scuola di Friburgo risponde facendo spallucce, e questo francamente non è il modo.

Umberto Eco è un genio multiforme, è uno scrittore unico in grado di creare storie avvincenti e ricche di colpi di scena, di personaggi e di sue personali passioni. Come quella per il caffè. E a noi piace pensare che anche una piccola tazzina di caffè abbia contribuito a dargli quella carica di intelligenza e fantasia che lo ha reso unico nel panorama culturale italiano.

Caffè Roen e la passione per il caffè


Sul nostro blog di Caffè Roen cerchiamo di diffondere la cultura e la passione per il caffè, proprio come faceva Umberto Eco nelle sue opere e nei suoi scritti.

Se Umberto Eco esprimeva la sua passione per il caffè attraverso la penna e l’ingegno, la nostra passione per il caffè si traduce nella lavorazione di caffè in grani che tostiamo con cura e dedizione ogni giorno nella nostra torrefazione artigianale , situata ad Affi, in provincia di Verona. Ti invitiamo a scoprirlo: nel nostro negozio online troverai miscele uniche e monorigini speciali per accompagnarti nei tuoi momenti intimi di lettura, di piacere o di condivisione.

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