Gabriele D’Annunzio è stato una figura di spicco nel panorama della letteratura italiana e politica del nostro paese. Ha vissuto una vita all’insegna della poesia, della politica e di tanti piaceri, tra cui quello per il caffè.
Gabriele D’Annunzio: le curiosità sul caffè
Un personaggio unico e affascinante, Gabriele D’Annunzio. Nato a Pescara nel 1863, ha ricoperto diverse figure nel corso della sua vita: scrittore, drammaturgo, poeta, politico, militare, amante. Ha lasciato il segno non solo nella letteratura italiana, ma anche nella moda e nel costume del suo tempo. Lo chiamavano “Il Vate”, perché ritenuto da tutti l’ultimo grande poeta autorevole della nostra tradizione letteraria. Era un artista geniale e anticonformista, che amava l’estetica e non condivideva a pieno la visione e i valori della borghesia. Il suo stile è ancora oggi inimitabile e seducente.
Di certo non si può dire che il nostro poeta abbia avuto una vita noiosa. Le sue passioni, le sue opere geniali e le sue avventure belliche danno l’idea che Gabriele D’Annunzio abbia sperimentato più vite in una. Tutti lo ricordano come “il poeta soldato”, per la figura di militare che ha ricoperto e le sue azioni da eroe che ha compiuto in difesa del suo amato paese. Era ossessionato dal bell’apparire i vestiti: si cambiava più volte al giorno, scegliendo camicie, scarpe e cappelli diversi. Era appassionato di tutte le forme dell’arte. E le donne? Le adorava, tutte, e tutte lo adoravano: che si trattassero di storie brevi o lunghe, Gabriele D’Annunzio le viveva tutte con estrema passione.
D’Annunzio ha lasciato il segno nella storia e nel paese con la sua vita, le sue azioni e i suoi scritti. Era un esteta, un amante delle donne e della bella vita, un uomo di mondo, un raffinato, un tormentato. Una vita di eccessi, insomma, sempre accompagnata dalle sue opere e dai suoi innumerevoli piaceri, tra cui quello per il
caffè.
Gabriele D’Annunzio e il piacere del caffè
Che Gabriele D’Annunzio coltivasse il
piacere del caffè, è possibile scoprirlo consultando la preziosa autobiografia del personaggio, intitolata
Il Libro segreto, o anche
Il libro segreto di Gabriele d'Annunzio (titolo integrale:
Cento e cento e cento e cento pagine del Libro segreto di Gabriele d'Annunzio tentato di morire).
Gabriele D’Annunzio scrisse quest’opera nel
1935, al
Vittoriale degli Italiani, complesso fatto costruire dal poeta sulla sponda bresciana del Lago di Garda, in memoria dei soldati italiani caduti nella Prima guerra mondiale e in cui oggi vi è sepolto.
Il Libro segreto è l’ultima opera di Gabriele D’Annunzio, scritta tre anni precedenti la sua morte, in cui offre un ritratto intimo della sua personalità: dal periodo della sua gioventù abruzzese fino ai suoi ultimi anni di vita.
Durante la lettura dell’opera, infatti, è possibile imbattersi in questo passo davvero interessante per gli amanti del caffè e non solo:
Poche sono le mie passioni, pochi i miei vizi; chè le une e gli altri sono estremi. Uno mi domanda: tu fumi? rispondo: ho fumato nella guerra, contro l'odore del prossimo e talvolta per utile segno di tranquillità contro al più grave dei pericoli. Ora non fumo più, perché disdegno di fumare tre o quattro o dieci sigarette al giorno; disdegno quella meschinità, in confronto delle centoventi sigarette quotidiane che fumava, per esempio, il mio dilettissimo amico Clemente Origo. Se fumassi, io non potrei fumar meno di centocinquanta Abdulla numero Undici.Avete la passione del gioco? mi chiede ancora. Si quella vera, quella che non conosce l'utilità. Che vale solo per il rischio ed alla quale è estraneo il guadagno. Si quando io gioco sento aumentare la mia propria vita.E il caffè Vi piace? Lo gradite? Ne consumate molto? Avete la passione per questa bevanda?Ebbene sì! Passione estrema!Ne bevo e ne sorseggio tutte le volte che posso: caldo o freddo, zuccheratoo amaro. Alla turca, alla napoletana, comunque sia.E delizia per il mio palato.Gabriele D’Annunzio al Gran Caffè Gambrinus: ‘A vucchella
Gabriele D’annunzio, oltre che essere un grande intenditore e bevitore di caffè, era anche un habitué dei
caffè letterari. Il poeta trascorse due anni della sua vita a Napoli, dal 1891 al 1893, scrivendo per i giornali
Il Mattino e
Il Corriere di Napoli. E proprio nella città del caffè, D'Annunzio amava passare le sue giornate al
Gran Caffè Gambrinus: il celebre e antico caffè letterario di Napoli che, tra le tante figure di spicco, ospitò anche
Eduardo De Filippo. La leggenda narra che fu proprio in uno dei tavolini del Caffè Gambrinus che Gabriele D'Annunzio compose una delle sue opere più belle:
'A Vucchella.
Un giorno, al Caffè, il poeta Ferdinando Russo sfidò D'Annunzio a scrivere sul momento una poesia in dialetto napoletano. Il Vate non solo accettò la sfida, ma dopo aver scritto la poesia, ebbe la brillante idea di renderla una canzone. La mandò al musicista pescarese Paolo Tosti, suo amico, che ne scrisse la melodia. A giudicare da come andò in seguito, si direbbe che D’Annunzio vinse di gran lunga la sfida, poiché
'A vucchella venne cantata da due leggende del tenore,
Enrico Caruso e
Luciano Pavarotti, contribuendo in prima persona alla bellezza e alla storia di quest’opera.
Il tratto distintivo di quest’opera è l’impiego, da parte del poeta, di una parola inventata:
appassuliatella. Questa è una trovata tipica di D’Annunzio, che amava giocare con le parole e inventarne di nuove. Il termine
appassuliatella rappresenta una
piccola rosa appassita, aggettivo che D’Annunzio utilizza per descrivere la bocca di una delle sue più grandi passioni: la donna.
Sì, comm’a nu sciorilloTu tiene na vucchellaNu poco pocorillo appassuliatella.Meh, dammillo, dammillo,– è comm’a na rusella –Dammillo nu vasillo,Dammillo, Cannetella!Dammillo e pigliatillo,Nu vaso piccerilloComm’a chesta vucchella,Che pare na rusellaNu poco pocorillo appassuliatella.Gabriele D’Annunzio e il caffè: un peccato di gola
A Gabriele D’Annunzio non interessava molto la quantità, ma la qualità: il poeta, infatti, si nutriva di cibi semplici, ma raffinati, che gli ricordassero le sue radici abruzzesi. Il cibo per lui era un’arte, un modo di esprimere la sua personalità e il suo gusto, e anche un mezzo per sedurre e godere delle sue avventure amorose: il cibo «era fonte di gioia, di emozione, di fascino, di bellezza». Certo, non voleva ingrassare troppo, anche se si lamentava spesso della sua pancia in costante lievitazione, ma
non rinunciava mai a un buon caffè alla fine dei suoi pasti, fossero essi pranzi, cene o banchetti con amici. Il caffè era il suo “vizio”, quello che gli dava la carica e il piacere di vivere.
Nel libro
Cose semplici sugli illustri amici del caffè di Agostino Narizzano, è possibile cogliere a pieno questo puro piacere del poeta:
lo avevo una vera fame. Una di quelle fami che non chiedono salse eccitanti e vini stomatici, ma pasti succulenti. Io ho fatto un pranzo selvatico.Tutta la selvaggina era a pointe. Ho preso della lepre, tutto fragrante di timo.Poi ho preso del patè tutto dorato nella sua bella crosta. Poi ho preso delle belle fette, di non so che cosa, posate su un letto di funghi e bagnate di un burro che aveva un gusto di noisette.Poi il Marcobrunner nel fine bicchiere, vino d'oro ardente.Ma tutto ciò non poteva bastare. Se la natura era prodiga di tanto favori mi doveva concedere ancora un caldo, nero, splendido caffè dall'aroma che si sviluppava all'intorno.Che delizia! Il peccato della gola mi sia perdonato dal buon Dio.Caffè Roen e la passione per il caffè
Gabriele D’Annunzio faceva del caffè il tema centrale di alcuni suoi scritti e dei suoi momenti di piacere. Anche noi siamo appassionati di caffè e vogliamo condividere con te la nostra cultura e il nostro amore per questa bevanda. Nella nostra
torrefazione artigianale ad Affi, vicino a Verona, selezioniamo e tostiamo ogni giorno i migliori
caffè in grani, creando miscele esclusive e monorigini di qualità. Visita il nostro
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