I tentativi rimasti senza esito non si contano e nemmeno si contano quelli (Nicolai e poi Detlefsen, Wimmer e molti altri) che diedero qualche risultato. Si dovette arrivare al 1905 per giungere al primo tangibile traguardo. Infatti, il tedesco Ludwing Roselius, perfezionando i tentativi di chi l’aveva preceduto, mise a punto un procedimento abbastanza rudimentale e complicato, riuscendo a creare il
caffè senza caffeina evitando di alterare troppo il gusto e l’aroma della bevanda. Si può quindi citare, come dato storico, che la città di Brema devesi considerare culla della
pratica della decaffeinizzazione mentre il Roselius può esserne reputato il padre.
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Naturalmente, il procedimento ideato da lui, come precedentemente accennato, era alquanto rudimentale, tanto che le specifiche dettagliate non ci sono pervenute. Nel corso del tempo, però,
il metodo è stato modificato e perfezionato attraverso sempre più avanzate tecniche di estrazione. Cerchiamo dunque di esplorare le
caratteristiche del caffè decaffeinato per poi avvicinarci all’idea di sperimentare una
nuova ricetta, rilassante e soddisfacente, come quella del
caffè freddo.
Caffè decaffeinato: come viene estratta la caffeina?
Ai nostri giorni le industrie che si occupano della estrazione della caffeina dai chicchi seguono un
sistema assai complesso che, qui di seguito, tentiamo di esporre il più
semplicemente possibile. Intanto come
prima cosa, il caffè crudo naturale viene sottoposto al rigonfiamento per mezzo dell’azione di vapori d’acqua ed entro vasche cilindriche verticali o entro grandi tamburi rotanti.
Scopo di questa operazione è quello di ottenere che - col rigonfiamento e la rimescolatura protratti sino a che i chicchi non hanno aumentato il loro
contenuto naturale d’acqua di un buon 20% o 30% - i chicchi medesimi
diventino molto permeabili e che i loro pori si aprano alquanto.
Infatti, in questa situazione
i sali di caffeina si scompongono e la caffeina si presta ad essere estratta dalla superficie dei chicchi attraverso i pori aperti, tramite l’intervento di speciali solventi organici volatili. Brevemente si può dire tuttavia che l’operazione si sviluppa attraverso
lavaggi a fondo, sotto pressione o anche sottovuoto, a caldo o a freddo e in modo continuo o anche discontinuo.
Allorché
l’estrazione caffeinica ha raggiunto il grado prefissato dall’operatore, si impone a questi il compito più difficile e più importante, quello in cui bisogna
eliminare le tracce ed i residui del solvente, tecnica che tuttavia non viene utilizzata da tutte le aziende, nel nostro caso specifico CAFFÈ ROEN, il quale preferisce fare riferimento a procedimenti all’avanguardia naturali basati sull’acetato di etile, evitando di coinvolgere solventi dannosi!Invero, come si può capire, questa è
un’operazione che deve essere condotta col massimo scrupolo poiché questi solventi possono lasciare eventuali tracce, come odori e gusti estranei ma non solo,
possono altresì risultare dannosi alla salute dell’uomo.È importante notare che il solvente, qualsiasi esso sia, viene eliminato dal caffè attraverso un
ulteriore lavaggio con potenti correnti di vapore a forti pressioni, mentre i chicchi recuperano il normale grado di umidità. A questo punto, il caffè decaffeinato, che differisce dal caffè verde non trattato solo per il colore leggermente più scuro, dovuto all’effetto del calore, può procedere alle normali fasi di tostatura e macinatura prima di essere consumato.
Il caffè decaffeinato è cancerogeno?
Svilupperemo e concluderemo il
tema sul decaffeinato riportando, con le accuse della stampa e delle organizzazioni a difesa dei consumatori e con i timori espressi dalla gente di strada, anche
l’opinione dei medici e degli scienziati nonché le attestazioni degli addetti ai lavori, intendendo per questi, i torrefattori e soprattutto, i tecnici delle industrie di decaffeinizzazione.
Peraltro, prima di attaccare - come si suol dire - i buoi al carro, ci pare comunque opportuno il soffermarci un attimo sui solventi utilizzati in passato di cui trattasi e sulle loro
caratteristiche generali.
Caffè decaffeinato: i solventi principali
Va ricordato che uno dei primi solventi, se non il primo assoluto, utilizzato per questo scopo fu il
benzolo, derivato industrialmente dal petrolio. Tuttavia, fortunatamente, questo solvente fu
abbandonato presto a causa dei noti e sconosciuti rischi per la salute umana e del suo sgradevole odore. Inoltre, oltre a eliminare la caffeina, il benzolo eliminava anche altri componenti positivi del caffè. La sua rimozione aveva lo scopo di
prevenire il rischio che il caffè decaffeinato potesse diventare
cancerogeno.
In tempi più recenti, nello specifico
circa 20-30 anni fa,
i solventi chimici impiegati per estrarre la caffeina dai chicchi sono stati il
tricloroetilene, il dicloroetilene e il cloruro di metilene. Sorge quindi spontanea la domanda: il caffè decaffeinato fa male? Iniziamo
analizzando i principali solventi utilizzati nella sua produzione.
Caffè decaffeinato: Tricloroetilene
Ricorrendo all’aiuto della nostra vecchia amica e fedele scienza, possiamo dire che il primo di questi prodotti, il Tricloroetilene, è liquido, limpido, incolore nonché di
odore cloroformico, pungente, non infiammabile e tossico.Inoltre, il Tricloroetilene è insolubile in acqua, scioglie la maggior parte degli oli fissi e volatili ed è un buon solvente del caucciù. Viene comunemente usato per la sgrassatura dei metalli, per oli, grassi, cere, resine, gomma, pitture, vernici e per fortuna, NON si usa più per decaffeinare i chicchi di caffè.
Caffè decaffeinato: Dicloroetilene
Per quanto riguarda il Dicloroetilene, possiamo arguire che, forse più del Tricloroetilene, si adattava alle esigenze presentandosi come un liquido
incolore, mobile, volatile e con un delicato odore dolciastro. In effetti, è particolarmente idoneo
all’estrazione a basse temperature di oli eterei e naturalmente di caffeina. Pur essendo leggermente
tossico, trova impiego in ambito farmaceutico come anestetico. Tuttavia, per motivi che ci sfuggono, anche questo solvente è stato
abbandonato dalle industrie nella produzione di caffè decaffeinato.
Caffè decaffeinato: Metilendicloruro
Prima di accettare senza riserve la vivace protesta che ci giunge come un’eco da oltre oceano, desideriamo esaminare attentamente la
questione del Diclorometano, noto anche come Cloruro di Metilene o Metilendicloruro. Questa sostanza
veniva principalmente impiegata nei processi di decaffeinizzazione, ed era l’unico solvente coinvolto nella fervente polemica innescata dalla diffamatoria campagna contro la produzione di caffè decaffeinato.
Anche da una semplice considerazione fonetica emerge che questo composto chimico veniva prodotto industrialmente a partire da metano o cloruro di metilene. Si trattava di un liquido volatile, incolore, praticamente non infiammabile, stabile all’aria e con un caratteristico odore penetrante simile a quello dell’etere.
Secondo gli studi, il Diclorometano è un
solvente importante per oli minerali, vegetali e animali, grassi, oli eterei, alcaloidi, resine, cere, bitumi, gomma, clorocaucciù, acetato di polivinile, lacche, polistirolo e altro ancora. La sua
solubilità in acqua è parziale ma è completamente solubile in alcol ed etere. Trovava ampio impiego in farmacopea come principio attivo e per sgrassare lana, cuoio e metalli. Veniva anche
utilizzato per preparare adesivi, come base per svernicianti, per deparaffinare oli minerali e nell’industria della gomma.
Conclusa la lettura dei precedenti paragrafi, sembra ormai certa la possibilità che il caffè decaffeinato faccia male. Le modalità di produzione degli ultimi trent’anni sembrano viziate da processi chimici cancerogeni. Tuttavia, al fine di
ottenere una risposta a questi interrogativi, proseguiamo la nostra analisi dettagliata sul caffè decaffeinato che nei prossimi paragrafi ci fornirà le adeguate soluzioni.
Scopriremo così se varrà la pena o meno considerare il caffè tra le
idee di regalo natalizie.
Le sfide per il caffè decaffeinato
In realtà questo
movimento denigratorio - a cui ci riferiamo e che è datato nella
primavera del 1987 - non è stato innescato dalla solita stampa, la quale, in questo caso, se ne è fatta unicamente portavoce.
Infatti, a
lanciare l’allarme in maniera più roboante del solito, non furono nemmeno gli abituali denigratori spinti da chissà quali reconditi interessi, più che dà reali convinzioni ma bensì due grandi
organizzazioni statunitensi per la difesa del consumatore.Sono queste, la
"Public Citizen" e la "Consumer Federation of America" le quali affermavano, anzi denunciavano, che il diclorometano - cioè il già nominato solvente usato per decaffeinare il caffè in passato - fosse causa di tumori al fegato e ai polmoni nei topi di laboratorio, accusato di provocare problematiche alle ghiandole salivarie e mammarie delle stesse cavie.
In verità, la "Public" e la "Consumer" avevano fatto un gran can can, tanto che le autorità stavano facendo degli accertamenti, anche se, al momento, queste si erano limitate a richiedere alle industrie di impiegare il diclorometano con giudizio.
La "Public Citizen" accusò anche il
Ministero della Sanità e la ben nota
Food and Drug Administration, l’ente americano rigoroso che regola l’importazione e la distribuzione di alimenti e farmaci, di aver violato la legge degli Stati Uniti che proibisce la circolazione e la vendita di sostanze risultate cancerogene in test di laboratorio condotti su animali.
Il caffè decaffeinato fa male?
Terminata l’analisi dei solventi impiegati in passato e di quelli attualmente utilizzati per decaffeinare i chicchi di caffè, desideriamo ora esaminare
l’opinione dei professionisti medici e degli scienziati riguardo alla
possibile tossicità riconosciuta che potrebbe persistere nei chicchi dopo l’estrazione della caffeina. È di particolare interesse comprendere se una parte del solvente, sia essa minima o significativa, possa costituire un potenziale rischio per la salute umana.
In tal senso, risulta intrigante fare riferimento a
uno studio medico condotto alcuni anni fa dal Centro di Ricerche Foch di Parigi, dal titolo "Caffè e Salute". Questa ricerca, condotta con notevole competenza dai dottori H. Gounelle e M. Dumas Astier, si sofferma sulla
composizione del caffè decaffeinato, concentrandosi in particolare sui residui presenti nei chicchi dopo il processo di decaffeinizzazione.
Infatti, il nocciolo sta qui, perché se non rimangono residui è inutile preoccuparsi se il solvente è o no venefico. Ancor meglio, se il solvente utilizzato è l’acetato di etile, come nel caso di CAFFÈ ROEN, della quale parleremo nel prossimo paragrafo.
Il migliore solvente per il caffè decaffeinato
La procedura impiegata per la rimozione della caffeina dal caffè si avvale dell’utilizzo di
"acetato di etile", un solvente caratterizzato da proprietà che garantiscono
un’estrazione altamente selettiva della caffeina.
Ciò implica che, nel processo di trattamento del caffè crudo con acetato di etile, la caffeina viene estratta in modo
estremamente preciso, preservando sostanzialmente inalterate tutte le altre componenti presenti nel chicco che durante la tostatura contribuiscono al gusto e all’aroma distintivi del caffè.
Il risultato finale è un
prodotto di elevata qualità, le cui caratteristiche sensoriali possono essere considerate
paragonabili a quelle del caffè non trattato. Il procedimento tecnologico è progettato in modo tale che i residui di solvente nel caffè decaffeinato siano ridotti a livelli estremamente bassi se non nulli.
È rilevante notare che il Decreto del Ministro della Sanità, pur non stabilendo un limite specifico per il solvente “acetato di etile”, non ritiene necessaria questa specifica in quanto il prodotto è considerato
sostanzialmente innocuo per la salute.La tecnica per il decaffeinato di Caffè Roen adotta un solvente il cui grado di purezza è definito mediante un apposito capitolato concordato con il fornitore e
certificato attraverso analisi approfondite condotte su ciascun lotto di prodotto acquistato. Pertanto, si tratta di un
prodotto assolutamente sicuro. Va inoltre sottolineato che il solvente impiegato è già presente in
modo naturale nel caffè verde stesso.Come detto in precedenza, la separazione della caffeina dal caffè verde non tostato avviene mediante l’uso di acetato di etile, che isola la frazione lipidica contenente la caffeina.
Questo processo implica un’immersione in acqua calda per aumentare il volume dei chicchi, seguita da una specie di lavaggio con acetato di etile per rimuovere la caffeina dai chicchi senza l’alterazione degli aromi. Successivamente, attraverso l’uso di vapore, i solventi impiegati vengono completamente eliminati.
Le analisi di laboratorio sul caffè decaffeinato
Riportiamo, traducendo il più fedelmente possibile alcune analisi di laboratorio degli anni 60’:
“La decaffeinizzazione è ottenuta sia con procedimenti fisici, sia con solventi chimici, cioè con triclorotilene, dicloroetilene e cloruro di metilene. Ora questo metodo è suscettibile di lasciare dei residui di cui è necessario precisare l’importanza. I laboratori di Custot ("Residui di solventi nei caffè decaffeinati") ha portato le sue indagini su 31 campioni (16 marche) acquistati al commercio (sul mercato francese - n.d.r.). I campioni di 5 marche erano decaffeinati al tricloroetilene e contenevano della quantità di solvente relativamente molto elevate: 350 - 1.900 mg di cloro per kg. Ora, la regolamentazione americana e svizzera fissa a 25 mg/kg il tasso residuo di cloro nei caffè decaffeinati. Gli autori ricordano che Deshusses, Desbaumes e Hadorn avevano segnalato che molto poco del solvente clorato passava nel caffè decaffeinato come bevanda.
Custot, Mezonet e Lasne, partendo da un caffè che conteneva 700 mg di cloro/kg hanno ritrovato nell’infusione ottenuta da 100 ml con 10 grammi di caffè, 0,25 mg di cloro; restavano 4 mg nei residui, ciò che conferma una perdita per volatizzazione del 40% circa del solvente. Tali residui nella bevanda del caffè, essendo evitabili, non dovranno essere tollerati in quanto è possibile rimediare alla loro presenza.
Allo stato attuale, la regolamentazione francese è stata fissata col decreto 3.10.1965, seguito dal decreto del 7.10.1932. Dopo questa data è apparsa il 26.3.1966, la regolamentazione dei prodotti dietetici e di creme; ora, se esiste un prodotto che rientra in questa categoria di alimenti, è proprio il caffè decaffeinato in quanto il suo procedimento di fabbricazione conduce alla sottrazione di una sostanza di potente effetto fisiologico.
Sarà perciò possibile evitare la persistenza di detti residui di cloro assicurandosi che il tasso residuo di caffeina resti al di là dei limiti permessi.””
In sostanza ci pare di interpretare due cose da queste poche righe tratte dall’importante lavoro del centro di ricerche parigino.
In primo luogo, gli autori sostenevano che il
caffè decaffeinato presentasse talvolta residui eccessivi dei solventi clorati per cui raccomandavano di far rientrare la commercializzazione del caffè decaffeinato in una
certa normativa in atto in Francia.
Questa normativa, che concerneva la regolamentazione sugli alimenti dietetici, prevedeva che il consumatore fosse informato della qualità dei singoli componenti di prodotto.
In secondo luogo, sembrava dire l’autore che se si fosse incluso il caffè decaffeinato in questa normativa, si
sarebbe permesso al consumatore di conoscere esattamente il tenore residuo di solvente e contemporaneamente anche il tenore residuo di caffè rimasto nel caffè.
Comunque, per tornare alla nostra disamina, ci pare
interessante riportare altresì come la questione fosse stata sviluppata da
"Tempo medico" cioè da quella che era fra le più importanti riviste di aggiornamento medico.
Infatti
"Tempo Medico" era una
pubblicazione riservata esclusivamente ai laureati in medicina o in farmacia o in biologia per cui il suo contenuto scientifico veniva considerato
altamente attendibile e serio.Nel numero di novembre 1987, rispondendo ad un sanitario tarantino che poneva la questione e che dopo aver citato le indagini di eminenti studiosi, chiedeva esplicitamente se
rispondesse al vero che al caffè decaffeinato si potesse elevare la duplice imputazione di essere cancerogeno ma anche quella di elevare la sideremia, "Tempo Medico" scriveva testualmente:
"...Quanto al caffè decaffeinato, la questione è più controversa" "Innanzitutto perché i metodi di estrazione della caffeina possibili su scala industriale sono diversi, e non sempre ci sa con quale di essi è stata decaffeinata la partita di caffè che si sta bevendo" "Periodicamente i giornali hanno lanciato l’allarme sull’eventualità che il caffè decaffeinato sia cancerogeno, ma sinora i produttori si sono dimostrati ben agguerriti presentando documenti che assolvono i loro metodi di estrazione"
Su questo parere medico/scientifico non ci pare il caso di aggiungere verbo salvo il sottolineare che la sua formulazione è molto più recente di quella a cui si riferisce la determinazione del Centro Ricerche Foch di Parigi.
Quanto caffè decaffeinato viene prodotto? Le grandi aziende a confronto
Ci soffermeremo invece su una sintesi dei punti di vista e delle dichiarazioni raccolte fra alcuni tecnici delle società produttrici di caffè decaffeinato.
A questo proposito è opportuno precisare che, quantunque tutti o quasi tutti i torrefattori presentino sul mercato una loro marca di decaffeinato, la
produzione vera e propria è demandata a
poche specifiche industrie.
Infatti, nel nostro Paese abbiamo un’azienda che con un singolo stabilimento muove non meno della metà del mercato intero.
Segue poi un altro colosso, con la sua marca copre - se le nostre informazioni sono esatte - circa un 30% del volume nazionale. Mentre un’ulteriore compagnia, sempre di grandi dimensioni, si riserva una certa fetta di consumo col suo solubile decaffeinato.
Esistono poi due capaci industrie nazionali che effettuano la decaffeinizzazione per conto terzi e che preparano il prodotto decaffeinato per quasi tutte le torrefazioni e sotto le etichette di queste.
L’indagine è stata quindi ristretta e anche se è stata condotta in maniera confidenziale e senza la pretesa di un responso assoluto, ha dato un risultato univoco.
Infatti, il succo dell’indagine ci dice che, prescindendo dalla tossicità del diclorometano o di altri solventi eventualmente usati in passato,
la tecnica per la eliminazione delle tracce dei solventi, sarebbe talmente perfetta ed effettuata con apparati talmente sofisticati da consentire una pressoché totale eliminazione di scorie.
La qualità di scorie sarebbe talmente infinitesimale da non potere creare assolutamente questioni di sorta sulla salute dell’uomo.
Cosa succede se si beve troppo caffè decaffeinato?
Circa più di vent’anni fa, quando fu condotta la ricerca alla base di questo articolo, si era completamente convinti delle affermazioni formulate.
In quel periodo, il
miglior caffè decaffeinato non riusciva a soddisfare il desiderio di una
pausa caffè appagante.
Tuttavia, devo confessare che oggi, per farmi perdonare, la mia giornata è costellata da
diverse tazzine di caffè decaffeinato. Nel corso degli anni, la
tecnica di estrazione ha compiuto veri miracoli.
Da circa cento anni fa, con i primi tentativi a Brema, fino ad oggi, chiunque si sia dedicato alla decaffeinizzazione ha potuto beneficiare dei progressi della tecnologia e degli studi sempre più avanzati condotti dagli sperimentatori. Molte aziende, infatti, utilizzano tecniche
all’avanguardia per preservare l’ambiente e la salute dell’uomo.CAFFÈ ROEN è una di queste, attenta nell’offrire
prodotti di alta qualità nel rispetto dei suoi amanti del caffè.
Tuttavia, una cosa è certa, bere un caffè resta un momento di piacere e se vuoi godertelo anche tu visita il
nostro shop, dove troverai una vasta gamma di soluzioni per il tuo palato.
Fonte: “Caffè: altre cose semplici” di Agostino Narizzano – FrancoPuzzoEditore