Quando si ordina il caffè a
Trieste, i turisti vengono smascherati subito. Al primo "
un espresso, per favore" il barista sa già che, a parlare, è stato
un forestiero. Questo perché ogni preparazione della caffetteria tradizionale, nella città mitteleuropea per eccellenza, ha un
nome particolare, diverso da quello che viene utilizzato comunemente in altre parti dello Stivale.
È per questo che, se vuoi ordinare il caffè come un vero intenditore delle abitudini e delle usanze del luogo, devi conoscere la terminologia e le preparazioni che corrispondono a ogni nome: il
nero, il
deca, il
goccia e soprattutto... il
capo in B. Vediamo insieme
come utilizzare questi termini e
come si prepara un capo in B degno della tradizione triestina.
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Trieste e il caffè
Trieste è
una città del tutto particolare. Oltre ad essere
uno dei porti più importanti del Mediterraneo, è un
melting pot di diverse culture: da una parte l’
influenza italiana, dall’altra quella
slovena e
austriaca, a Trieste si fondono e si mescolano con
risultati stupefacenti in ambito culinario, artistico e culturale.
Non solo una posizione strategica: Trieste ha visto la sua fortuna crescere ancora di più quando, nel 1719, l’imperatore Carlo VI d’Asburgo fondò il
Porto Franco di Trieste, concedendo all’approdo della città una serie di vantaggi, tra cui
dazi doganali ridotti, in special modo nei confronti delle materie prime rare, come il caffè.
Ed è anche per questo motivo che, a Trieste, si è sviluppata
una vera e propria cultura attorno all’espresso, tanto che esiste una terminologia particolare che contribuisce, tra le altre cose, a fare di questa città quasi
"uno Stato a parte".
Il
capo in B è diventato
uno dei simboli più conosciuti della città: vediamo
come si prepara e
quali sono le altre preparazioni della tradizione.
Come ordinare il caffè a Trieste
Dimentica i termini "espresso", "espresso macchiato" e "cappuccino". Se vuoi
ordinare caffè a Trieste, un espresso diventa
"un nero", un decaffeinato diventa
"un deca" e un espresso macchiato diventa
"un capo". Se li vuoi in
bicchiere di vetro, anziché nella solita tazzina di ceramica, devi aggiungere l’espressione
"in B". Ecco, allora che abbiamo
"un nero in B",
"un deca in B" e
"un capo in B". Facile?
Non proprio.Il
capo in B, infatti, anche se contiene l’
abbreviazione di "cappuccino", non è affatto simile alla preparazione che conosciamo a base di espresso e crema di latte. È più simile, in realtà, al
macchiatone, ovvero un cappuccino con una minor quantità di crema di latte, servito su un bicchiere di vetro apposito. Quasi un
caffè macchiato, ma
con una percentuale maggiore di crema di latte.
E poi ci sono il
"gocciato", o
"goccia",
un espresso al quale viene aggiunta una goccia di crema di latte al centro, e il
"caffelatte", che in realtà è il nostro cappuccino.
Tra tutte queste varianti a base di espresso, il
capo in B è
uno dei simboli di Trieste. Un
simbolo riconosciuto e celebrato, tanto che ogni anno viene organizzata la
"Capo in B Championship", una competizione nella quale
i baristi della città si sfidano nella realizzazione di questa preparazione tradizionale.
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Se c’è una cosa che condividiamo con gli amici di Trieste, è proprio questa:
per noi l’espresso è una cosa seria. Che sia un
capo in B o
un’altra preparazione a base di espresso e latte,
il caffè deve essere della miglior qualità. È per questo che all’interno del nostro
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P.S. Sai
come preparare un caffè espresso a regola d’arte? Ne abbiamo parlato in
questo articolo.